Ci sono settori produttivi, dei quali non sempre si parla a dovere, ma che sono di fondamentale importanza per l’Italia, tra questi il biomedicale e il farmaceutico. La definizione biomedicale iniziò ad essere usata con sempre maggiore frequenza a partire dagli anni Ottanta, per riferirsi a quell’area industriale e produttiva che comprende l’insieme di tutte le tecnologie e i prodotti relativi, in qualche modo, alla sanità ad eccezione dei farmaci, che rientrano invece nella categoria farmaceutica. Si tratta di un settore economico estremamente importante e capace di movimentare cifre di notevole interesse, con un trend di crescita che fa decisamente ben sperare anche per il prossimo futuro.
Il biomedicale ha oggi, così come il farmaceutico e il cosmetico, una posizione assolutamente cruciale e potremo dire strategica nella florida industria della salute, in grado di sviluppare e commercializzare un notevole insieme di prodotti e servizi nel campo della medicina e del benessere in genere.
Ci sono numerose differenti tipologie di dispositivi medici con numerose differenti funzionalità e applicazioni, pensiamo ad esempio ad impianti e strumentazioni impiegate negli ospedali, gli strumenti di diagnostica, ma anche i dispositivi utilizzati dal consumatore finale per prendersi cura della propria salute e del proprio aspetto fisico. Quello della salute e del benessere è un comparto sempre più ampio e diversificato con enormi potenzialità, ad esempio occupazionali ed economiche in genere.
Non mancano però anche le criticità, ad esempio in fase di produzione, questo sia per quanto riguarda il biomedicale e forse ancor di più il farmaceutico.
I blister che contengono le capsule dei farmaci, ad esempio, sono realizzati con materiali che in origine sono elettricamente neutri, in quanto hanno lo stesso numero (bilanciato) di cariche positive e negative. Durante la lavorazione a velocità elevate di questi materiali capita che si venga a creare uno sbilanciamento nelle cariche, i materiali si polarizzano (in negativo o in positivo) in questi casi sulla superficie dei blister si può generare energia elettrostatica.
Le cariche elettrostatiche possono causare non pochi disguidi, ad esempio:
- Aumento degli scarti di produzione dovuto alla contaminazione di polvere o corpuscoli attirati dalle cariche elettriche;
- Piccole, ma dolorose scosse elettriche agli operatori, che lavorano in produzione;
- Movimenti millimetrici che peggiorano la precisione del lavoro della macchina;
- Compresse che fuoriescono dai blister al momento del loro riempimento;
- Creazione di scintille che potrebbero innescare incendi;
Questi ed altri problemi, comuni a vari settori, non solo biomedicale e farmaceutico, ma imballaggi, alimentare, ecc. Possono essere per fortuna affrontati e risolti, ma per prima cosa i segnali andranno correttamente riconosciuti e interpretati.
Spesso infatti davanti ad un rallentamento nella produzione o ad un aumento, anche considerevole, degli scarti, non sempre si pensa per tempo alle cariche elettrostatiche come causa. Una volta identificato il problema per quello che effettivamente è, gestirlo è il minore dei pensieri, purché ci si affidi sempre alla consulenza di personale esperto. Uno degli approcci che si rivelano risolutivi è quello di adottare barre antistatiche o ionizzanti, speciali dispositivi che andranno posizionati sui macchinari atti alla produzione e che riusciranno a ristabilire l’iniziale equilibrio elettrico dei materiali.